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Storie di un Amico Fragile

(Fabrizio de André)

L’idea di “Storie di un amico fragile”, nasce da una rilettura delle liriche di Fabrizio De Andrè in un percorso sperimentale di musica e parole che da vita a 3 storie di amore, guerra e diversità, raccontate nella forma del Teatro/Canzone, un modo di proporre uno spettacolo che coniuga l’esperienza musicale con la presenza scenica.

I testi e le melodie riconsiderati in chiave immaginifica, rielaborati con l’ausilio di melodie “d’epoca”, dai Beatles ai Deep Purple, passando per Hendrix e Cohen, rispettano con attenzione la filosofia del De Andrè artista, mentre l’alternarsi delle parti cantate e di quelle recitate cerca una definizione  singolare del pensiero dell’autore in termini di originalità ed emozioni.

 

Sul palco:

Francesco Di Giovanni – Chitarra

Musicista docente, diplomato al Conservatorio di Roma, conosciuto e molto apprezzato nel panorama musicale italiano da più di trent’anni.  Coltiva sia la musica classica che il Jazz, dedicandosi inoltre alla composizione e all'arrangiamento. Ha pubblicato una decina di Album. Ha suonato con artisti importantissimi, uno per tutti Renato Carosone.

Francesco Proietti – Voce, Canto, Chitarra.

Regista e attore, docente di teatro da 15 anni  e da 7 è direttore artistico della Compagnia “4 Cambi”.  Artista versatile, ha una solida esperienza di palco confermata da più di 40 spettacoli diretti, interpretati e, in parte, prodotti.

Veronica Vecchione – Flauto e Canto

Musicista docente, diplomata al conservatorio Domenico Cimarosa. Partecipa a numerosi progetti musicale in tutta Italia.

Alberto Proietti Gaffi – Cajon

Musicista stimato e molto attivo nel panorama romano, collabora attivamente con diversi gruppi di formazione Rock, Jazz e Blues.

Margherita Rampelli – Canto

Giovanissima cantante di considerevoli qualità artistiche, studia presso il Conservatorio di Roma, ha già maturato importanti esperienze professionali come prima voce e choralist.

Chiara Palieri – Voce 

Attrice giovane, entusiasta e sensibile, con una profonda passione e conoscenza dei testi di De André, vanta già un’esperienza quasi decennale di palcoscenico, si misura con la stessa abilità con testi drammatici e comici.

Marco Passeri – Voce e Canto

Attore esperto ed apprezzato, fa parte del mondo del teatro da oltre 10 anni. In questo spettacolo interpreta e canta De Andrè con sentimento e partecipazione, riuscendo a trasmettere il pathos e lo spessore di ogni personaggio con trasporto e attenzione.

 

La regia dello spettacolo è di Francesco Proietti, gli arrangiamenti e le musiche originali sono del maestro Francesco Di Giovanni.

LE STORIE

STORIA 1 – LA GUERRA

Abbiam tutta la terra Marcondiro'ndera, giocheremo a far la guerra, Marcondiro'ndà ... La guerra come un gioco di pochi che diventa la sofferenza di tanti. De Andrè sembra guardarla con distacco, come al centro di un’esplosione nucleare o di un tornado, dove, dicono, non succeda nulla. La traduce per quello che è: violenza. “Per strada tante facce, non hanno un bel colore: qui chi non terrorizza si ammala di terrore”. Così il nemico comune è il potere che si conquista in vari modi, quasi nessuno dei quali è corretto. E, se per arrivare al potere si possono usare mezzi tradizionalmente leciti, per esercitarlo e per mantenerlo, i mezzi che vengono usati sono sempre illeciti. Il potere, da che mondo è mondo, lo si esercita e lo si mantiene attraverso la violenza, nelle sue diverse sfumature violenza privata, culturale, pubblica, economica o bellica. Mietendo vittime. Perché la guerra non è una scelta, e chi partecipa, spesso senza capirla, non può che diventare vittima. Ogni soldato che non torna da una guerra è una vittima, ogni uomo che decide di iniziarne una diventa una vittima. E vittime sono le donne che aspettano invano un ritorno che non c’è, vittime tutti quelli che della violenza fanno uno strumento. I giudici costretti a giudicare, gli innocenti che vedono sparire il futuro. Per un’idea, foss’anche di libertà vale la pena combattere e anche morire, ma non di morte violenta. Di morte lenta.

STORIA 2 – L’AMORE

Perché l'amore ha l'amore come solo argomento e il tumulto del cielo ha sbagliato momento... Nell’Universo cantato di De Andrè la magica figura della donna è sempre presente in forma essenziale, intesa a volte con sorridente affetto, altre con dolente comprensione, sino a svelarne le identità più nascoste. Nella figura femminile di Franziska in febbrile attesa c’è la sintesi di quell’Universo. Abbandonata, "stanca di posare per un uomo che dipinge e non la può guardare". Moglie promessa a un bandito senza incanti e senza sogni, dietro l'opaco di una finestra vede passare consumato il suo amore malinconico, grondante di speranze interrotte, privo di ricordi e denso di incognite. Così l'amore per De Andrè non è mai il trepidante sentimento che fa rima con "cuore" bensì il leopardiano "amor, di nostra vita, ultimo inganno", sempre inseguito come eterno ma sempre smentito dal caso. E anche l'illusoria dimensione del “per sempre” a dare una fuggevole forma al sentimento, che nella disperata e vana ricerca di essere conservato, si scopre in tutte le sue contraddizioni, nei rimorsi e nei rimpianti. In fin dei conti quello dell'amore è uno stato incerto, fuggevole, incoerente, lontano dai versi consueti, idealizzati, raccontato invece per quello che è: controversa alternanza del bene e del male che è poi il senso stesso dell'agire umano. “Io t'ho amato sempre - e non t'ho amato mai, ‑ amore che vieni, amore che vai".

STORIA 3 – LA DIVERSITA

“In direzione ostinata e contraria”. Questa potrebbe essere il riassunto del pensiero di De Andrè sui diversi, gli emarginati, gli sconfitti. Un cammino inevitabile, prima diversi, poi emarginati, quindi, alla fine, sconfitti, quasi per necessità. Mai un coro solidale di sofferenza, ma uomini, presi uno ad uno, figure senza tempo Zingari, blasfemi, ladri, prostitute, martiri e visionari. La debolezza delle anime perse, che si riscattano e si trasformano con la dignità di chi ha imparato che non è un delitto rubare quando si ha fame, di chi ruba in nome proprio e non in nome di un qualche dio. Perché solo chi giudica da buon borghese condannerà a cinquemila anni più le spese, ma se i diversi li capisci e li cerchi fino in fondo, saprai che se non sono gigli, sono pur sempre figli, vittime di questo mondo. Attraversammo la tempesta navigando su fragili battelli. Che la pietà non ci rimanga in tasca, hanno gli occhi troppo belli.

E per quelli che hanno vissuto con la coscienza pura l'inferno esiste solo per chi ne ha paura.

 

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